Timo Bortolotti nasce a Darfo (BS) il 15 giugno 1884. Il padre Angelo era costruttore e possedeva cave di "pietra simona" in Val Camonica. Fin da bambino manifesta una spontanea creatività verso la scultura, e i maestri raccontano di assenze da scuola per dedicarsi alla creazione di statuine di creta lungo il corso dei fiumi vicini, Dezzo e Oglio.

 

Ma anche nel collegio militare, nel quale fu inviato nella speranza di una sua maggiore attenzione agli studi, continuò a sviluppare la sua speciale creatività.

A solo otto anni la morte del padre costringe la famiglia a cercare un successore, e non gli era concesso di coltivare quel filone artistico che rappresentava la sua vera vocazione.

 

Studiò a Milano, con Cesare Tallone e Leonardo Bistolfi e si diplomò a Brera, ma fu presto costretto a tornare in Val Camonica, come professore di disegno, seguendo allo stesso tempo i lavori per estrarre al meglio le pietre camune.
La morte improvvisa della moglie Irma Laini (1910), nel momento che doveva essere il più felice con la nascita della primogenita Alba, segna in modo tragico una sua scelta sempre più protesa verso l’arte e meno attenta alle necessità materiali.

Se la perdita del padre e della giovane moglie rappresentano i grandi dolori della sua gioventù, la Grande Guerra è il momento in cui si tempra il suo spirito.Il suo comportamento è eroico sull’Ortigara (Medaglia d’argento al valor militare), e viene gravemente ferito; la sua coraggiosa reazione al rischio di perdere una gamba lo porta dall’ospedaletto da campo in cui viene in un primo momento ricoverato, a una completa guarigione considerata insperata dagli stessi medici.

Nel 1921 apre il suo primo studio a Brescia; è di questo periodo una delle sue opere più note, il Monumento Ossario al Passo del Tonale.

 

Nel 1923 si trasferisce a Milano, e sposa Giuseppina Sala; da questo matrimonio nascono le altre tre figlie, Gloria, Donatella (Dodi) e Mariangela (Milly).

A Milano apre nel '27 lo studio in Via Vivaio, insieme ad Achille Funi e Pietro Marussig. Con loro fonda una scuola d'arte secondo la corrente del '900, ideale prosecuzione di quella di Masaccio.

Nella seconda metà degli anni ’20 espone essenzialmente nelle mostre milanesi, con la sola eccezione della presentazione a Roma del bronzo "Preghiera", oggi conservato nella Galleria di Arte Moderna di Milano.

Nel 1930 è ammesso alla XVII biennale di Venezia con un ritratto di "Arturo Tosi" e ottiene due premi a Padova all’Esposizione Internazionale di arte sacra.

E sempre del 1930 è la colossale statua del Cristo Re di Bienno, alta nove metri, che contribuisce ad ampliare la sua fama anche oltre oceano.

Dal 1931 ai primi anni Quaranta è un crescendo di successi e premi, che culminano con la conquista del Gran Prix per la scultura dato dalla Commissione Straniera all’esposizione Internazionale di Parigi del 1937.

 

 

Timo alterna i soggiorni milanesi con quelli della casa di Capodilago (incantevole paesino sulla sponda del Lago Moro, proprio sulla verticale del suo paese natale Darfo, oggi collegati dalla strada che porta il suo nome). Dal cuore della vecchia Milano (Corso Garibaldi 2), alla sua sempre amata Val Camonica.

 

Timo Bortolotti continuò ad operare anche nella travagliata, ardua situazione della II guerra mondiale, contrassegnata dalle gloriose pagine di guerra partigiana in valle.

Poi, nel dopoguerra, segue una voluta solitudine artistica, segnata da sempre più rare comparse espositive, e dal matrimonio con Ida Rambus nel febbraio 1954. Ma già aveva fatto la sua comparsa la malattia per la quale si spense a Milano il 15 ottobre 1954.

 

Il sito è stato realizzato da Fabrizio De Poli, nipote di Timo Bortolotti