Capitolo 10

Parte Prima

 

 

 

 

 

 

Era quasi mezzogiorno quando il vaporetto per Burano, facendo una grande curva nel canale, girò su se stesso e attraccò, mentre i turisti scendevano malsicuri lungo il ponticello di legno gettato tra la fiancata e la riva. Bernardo salì a bordo con passo lento: sul suo volto era impressa la stanchezza della notte passata sopra d lui come un insostenibile peso. Con gli occhi pesti rimase sulla tolda, rabbrividendo al vento freddo che saliva dal canale mentre la nave si avviava tra lo strepitare dei motori staccandosi dalla riva e puntando la prua verso la vicina isola che si profilava a pelo dell’acqua. Si sentiva furibondo con se stesso: confusione e inquietudine regnavano dentro di lui, insieme a quel nido d’ombre del passato che apparivano e sparivano tra i flutti della sua memoria e gli allineavano nella mente e nel cuore parole prive di senso.

Voleva, sì, lo voleva con decisione, allontanare la sensazione amara di una sconfitta, che gli creava un senso d’impotenza simile a quello provato, nell’infanzia, di fronte al volto duro e chiuso dell’uomo che gli aveva fatto da padre. La sua intelligenza era viva e desta, ma oppressa da ricordi di cui non conosceva l’origine, che lo martoriavano e quasi lo seppellivano, come vetuste macerie accumulate da secoli. La nave, maestosa sulla piatte onde che la circondavano e parevano non creare ostacoli alla sua rotta, aveva lasciato dietro di sé il grande canale dagli argini irti di canne ed era ormai in prossimità della riva, dove i colori vivaci delle case si riflettevano nella laguna.

Con la mano ficcata nella tasca Bernardo spiegazzava il telegramma, incerto ancora sulla risposta. Scese sulle pietre ampie del molo, camminò per vicoli e ponti di legno fino alla grande piazza dove le vetrine erano gremite di bottiglie e di cibi. Gruppi di pescatori, fermi nel vento con le loro giacche d’incerato, parlavano e gesticolavano prima di entrare nelle mescite dove altri uomini stavano in piedi davanti ai banchi di marmo, bevendo grandi bicchieri di vino bianco e di vermut. Nei vicoli attorno i panni stesi su lunghe corde attaccate alle finestre si agitavano come allegre bandiere. La campana della chiesa — la si vedeva muoversi al di là delle case, tra le bifore che alleggerivano la cima del massiccio campanile — batté i suoi rintocchi. L’ufficio postale era vuoto e l’unico impiegato alzò verso di lui un viso assonnato, sul quale spiccava una deturpante voglia rosso fragola. <<Desidera?>> chiese con gentilezza all’uomo rimasto soprappensiero davanti allo sportello. Con uno sforzo Bernardo riempì il modulo del telegramma. <<Ti attendo — scrisse — ma non so se ti piacerà>>. La frase rispecchiava la confusione che era in lui. Temeva la solitudine dei giorni che lo attendevano, ma insieme si aggrappava alle parvenze oscure che ancora regnavano nel suo cuore. Le avrebbe fugate l’altra presenza umana?

Camminò lungo la riva del canale che divide l’isola da quella di Mazzorbo. Barche inquiete nella corrente si agitavano, attaccate a pali oscillanti. Entrò in un ristorante affollato e si sedette a un tavolo d’angolo. Mentre lo servivano, dalla saletta attigua uscirono urla e risa d’un banchetto nuziale. Per un attimo si fece sulla soglia la sposa, con il lungo abito bianco: il volto arrossato, gli occhi brillanti per il vino bevuto, girava lo sguardo come per cercare un viso noto. Si allontanò soltanto quando lo sposo, rampognandola, le apparve al fianco e la trascinò senza pietà verso la tavola imbandita. Si udì lo schiocco delle bottiglie di spumante stappate, seguito da un lungo battimani e da un tentativo di coro. Bernardo mangiava a capo chino, cullandosi in quei rumori. Notò la donna solo quando il cameriere gli portò il conto. Sedeva, altera e compunta, a un tavolo vicino al suo, con la nera e morbida ciambella di capelli posata come una corona sulla testa. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Bernardo, alzò il bicchierino di grappa che aveva davanti, in segno di saluto.

Amabile Polani era sola e quando si alzò parve barcollare. Aveva scarpe scollate nere, con il tacco alto, ben diverse dagli stivali di gomma della sera prima. Quando gli passò vicino si fermò e, posando sulla tovaglia la mano bianca, gli chiese: <<Torna a casa anche lei?>>. Senza rispondere, Bernardo allineò le banconote sul foglio del conto e si levò in piedi di fianco a lei. Lo infastidì, di primo acchito, il fatto che fosse più alta di lui e, per quanto avesse il passo malsicuro, si manifestasse più franca e decisa. La donna gli rivolse un sorriso accattivante: <<E’ anche lei un cacciatore di tesori?>>. Avrebbe voluto risponderle che il tesoro, adesso, era lì, sui selciati sconnessi lungo la laguna. Ma lo bloccò il senso del ridicolo, la banalità delle parole. Di nuovo un travaglio lo prese alla gola, come quando aveva riempito il modulo del telegramma. <<Sono qui solo per riposare>> disse con voce improvvisamente arrochita. Avrebbe voluto chiederle perché fosse lì sola (e ubriaca, per di più) invece che nella sua casa. <<Mio marito pensa solo ai turisti, e alle sue statue>> lei disse, ed era come se rispondesse al suo pensiero. Sorrise ancora, ma questa volta la bocca larga e pronunciata era torva: <<Lo sa che mi voleva ammazzare?>>.

Si avviarono verso il molo e rimasero fermi, nel sole, davanti alla stazione d’imbarco. La sirena della motonave echeggiò distante dalle parte della città. <<Se ha tempo possiamo bere qualcosa insieme, prima di tornare>> esclamò improvvisamente Bernardo. <<Il tempo è infinito>> rispose la donna. <<E anche la voglia di bere>>. Gli fece guida, senza esitazione, verso una locanda poco distante. Era un locale funereo, con grandi specchi ovali alle pareti. Le poche persone sedute ai tavolini rotondi di marmo alzarono appena il capo, quando i due entrarono. Il cameriere era un ragazzo dal volto scanzonato, la camicia aperta sul collo. Portò una bottiglia di vino bianco, freschissimo, e due bicchieri di vetro pesante. <<Il solito>> disse alla donna, con un inchino e un lieve ammiccare degli occhi.

Il vino scintillava nei bicchieri. Passi rumorosi echeggiarono lungo la scala in penombra, che saliva su dal fondo della sala, e una coppia si affacciò. Il giovane guardava in giro, sospettoso, tenendo per mano una ragazza dal viso cereo, privo di espressione. <<Ci sono stanze, là sopra>> disse Amabile Polani con gli occhi fissi davanti a sé, evitando lo sguardo inquieto di Bernardo. L’uomo si sentiva, con il calore del vino in corpo, come avviluppato in una rete morbida e resistente. Non voleva raccogliere quello che gli era sembrato un invito e il suo animo era sospettoso, con un fondo di paura. Il silenzio si faceva pesante ed egli ordinò un’altra bottiglia, porgendo con decisione al cameriere quella vuota. Bevettero ancora, e questa volta gli occhi imperiosi di lei incontrarono i suoi, con una fermezza che lo colpì come uno schiaffo. Un sonno pesante gli colava dentro, adesso, e tese le gambe sotto il tavolo, quasi sdraiandosi contro lo schienale duro della seggiola. La mano della donna toccò la sua, che stava posata sul tavolo, quasi staccata da lui. <<Se vuole possiamo salire>> disse.

La seguì come un fantoccio imbambolato su per le scale ripide, fino alla porta di vetri smerigliati che lei aprì con sicurezza, come se fosse di casa. La stanza era buia, una lieve luce ultraterrena filtrava, come un’acqua marina, dagli scuri accostati. Il letto era alto e solido, con colonnine ritorte di legno scuro ai lati e una coperta bianca ricamata dai bordi di pizzo. La donna la ripiegò con cura e con cura posò su una seggiola gli abiti che si levava, rimanendo con una sottoveste nera di raso. Anche Bernardo si spogliò, senza guardarla, e quando furono sdraiati sotto le spesse coperte, un torpido senso di scoramento lo travolse, lo inghiottì in un soffice gorgo. Gli occhi stanchi gli dolevano mentre la donna gli rimaneva immobile accanto. Si sentiva nudo e inerme, incapace di dominare la confusione che gli faceva dondolare il capo in un lieve gesto di diniego. <<Dormi, se hai sonno>> gli disse Amabile con gentilezza, e le sue parole si persero nella vastità della stanza, lievi come il mormorio di un’acqua morta dalla quale, a poco a poco, gli pareva d’essere inghiottito.

Riemerse con un sussulto dal sonno in cui era piombato e girò intorno lo sguardo. Amabile non era più al suo fianco, e una luce rossa — quella avvampante del tramonto — balenava dall’esterno. Si vestì in fretta, impaurito da quel silenzio, e scese rapido le scale di legno rimbombanti. La sala era vuota, e lui si avvicinò al ragazzo, solo nel vano della finestra, chiedendogli il conto. <<Ha pagato la signora>> disse lui, e si avvicinò alla porta, spalancandola. Un campanello, appeso al battente, vibrò d’un suono sinistro. Fuori, l’orizzonte purpureo, gremito di cirri opalescenti, circondava l’isola come un incalzare di fiamme. La motonave era nel porto e Bernardo vi salì, con un cruccio che gli faceva di nuovo palpitare il cuore. Quando camminò, nel buio sceso all’improvviso, per le strade dell’isola, l’angoscia lo prese alla gola.

Prefazione

Introduzione

Parte prima

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3

4

5

6

7

8

9

10

11

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13

14

15

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Parte seconda

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13

Epilogo

Indice Ultimo degli Altinati

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