Capitolo 14

Parte Prima

 

 

 

 

 

 

Si svegliò al crepuscolo e si trovò solo nella capanna, con il consueto, insostenibile gelo che gli attanagliava le membra. La cenere del focolare era fredda e quando uscì all’aperto i suoi occhi, lacrimosi per il fumo, stentarono a mettere a fuoco l’immagine dell’isola. Saltellò a lungo, agitando le braccia avanti e indietro, per scaldarsi. Si fermò solo quando il respiro cominciò a mancargli. Il sangue gli circolava di nuovo, con impeto, nelle vene, ma una profonda nausea gli salì dallo stomaco. Vomitò a lungo, sull’erba strinata dalla brina e poi rimase immobile nel vento che s’era levato dalla laguna.

Il monastero sfumava nel grigio del tramonto, un uccello marino gli passò accanto con uno stridìo che quasi lo impaurì. Improvvisa lo colse la sensazione che in quel luogo già s’era trovato in un’epoca indefinita, come un’infanzia perduta in tempi lunghi e immemorabili. Le dimore dei frati non c’erano più, e al loro posto sorgevano folti alberi dal fogliame scuro. Barche pesanti che parevano scavate in tronchi giganteschi, battevano ritmiche contro le sponde. Da lì, da quella stessa piana erbosa nella quale stava piantato, a gambe larghe, come per ritrovare l’equilibrio dopo una lunga remata su un mare tempestoso, poteva scorgere i rilievi dell’altra isola dalla quale era venuto e che si confondeva con il profilo lungo della terraferma, sormontato da montagne nere circondate da nubi paurosamente agitate.

Quella sua immobilità lo straniava dal mondo reale, ma lo legava a un’esistenza passata: fili sottili ed esigui, appena accennati, che si ruppero, spietatamente, quando due figure goffe e malsicure apparvero vicino a lui. Urso e Jacopo lo abbracciarono, con la irritante allegria degli ubriachi, e lo trascinarono fin sulla riva, dove la prua della barca batteva ritmicamente, con tocco leggero, contro i gradini di pietra. Il motore, ingolfato, stentò a prendere il via, ma infine, dopo molti strattoni alla fune d’accensione, il suo palpito regolare empì il silenzio senza disturbare il riposo dei gabbiani che stavano immobili sulla superficie dell’acqua. Lenta la barca entrò nel grande canale, in fondo al quale si scorgeva la mole squadrata della torre. Su un argine, immobile, quasi parallela all’edificio, stava ritta una figura nera, con gli occhi rivolti verso la laguna. Simile a un’antica polena, Amabile pareva fosse venuta ad attenderli, ma non fece alcun cenno e non volse neppure il capo verso la barca che arrivava. La lunga sciarpa bianca che portava attorno al collo, si agitò nel vento, come una disperata bandiera. Un ciuffo di canne, nel quale la barca s’inoltrò, la nascose alla vista degli uomini. <<E’ sempre più matta>> borbottò Jacopo, quando legarono la barca al palo e si avviarono verso la pensione. Qui trovarono tavola imbandita e Pietro Bono, che li accolse con il sorriso dolce e complice di chi ha bevuto. Felicita, tornata cenerentola, servì da una grande pentola la minestra di fagioli. Poi, mentre fuori il buio si andava facendo fitto, si udì il rumore dei cucchiai contro i piatti, il sordo risucchiare, i respiri pesanti degli uomini. La barba di Jacopo Michiel luccicava sotto la lampada, intrisa di minestra e di vino. Cantarono fino a tarda notte mentre i gatti curiosi, sul davanzale ampio della finestra, stavano accucciati nel freddo notturno e i loro occhi emergevano dal buio, ambigui e luccicanti, fissando incuriositi le agitate creature della casa.

Prefazione

Introduzione

Parte prima

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11

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13

14

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Parte seconda

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13

Epilogo

Indice Ultimo degli Altinati

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