Capitolo 2

Parte Prima

 

 

 

 

 

 

 

Uscito dal gabbiotto di legno e vetro, ondeggiante al moto delle onde create dalla motonave che ripartiva inghirlandata di luci e si dissolveva a poco a poco alla vista nella foschia, Bernardo si fermò, nell’aria pungente della sera, con la sensazione precisa di aver messo già piede, in altri tempi, sulle pietre del molo. Eppure, a meno che questo non fosse accaduto nella sua ormai lontana infanzia, i cui particolari emergevano in lui solo a tratti, come se il resto fosse stato volutamente cancellato, era certo di non essere mai approdato in questo brandello di terra ai limiti della laguna, che solo poche miglia dividevano dalle acque amare dell’Adriatico.

Senza esitazione svoltò sulla sinistra, seguendo le ombre informi di due giovani infagottati in grosse giacche a vento che erano scesi insieme a lui, e costeggiò l’acqua silenziosa del canale che lambiva, quasi oltrepassandolo, l’orlo in pietra della riva. Per la prima volta avvertì — e la cosa si sarebbe ripetuta in seguito, quasi ossessivamente — gli occhi luminosi dei gatti nella tenebra, lungo la strada dal fondo di mattoni sul quale i suoi passi echeggiavano sordi come il palpito d’un cuore emozionato. Scorse, in lontananza, il curvo ed esile ponte che si stendeva ad arco attraverso il canale, senza pilastri, come appoggiato a caso sulle due sponde. Quando se lo lasciò alle spalle lo attirarono, al di là di una distesa fangosa coltivata a carciofi, le luci colorate e assurde di un alberello di Natale eretto come uno spaventapasseri davanti a una casa dalle finestre fiocamente illuminate.

Era quello, lo avevano avvertito, il segnale della pensione che, nei giorni d’inverno, vendeva panini e caffè bollente ai turisti infreddoliti e affittava anche qualche stanza a viaggiatori solitari come lui. Fu accolto con cordialità veneta da due coniugi dei quali notò soltanto gli abiti scuri poiché i volti erano in penombra, sagome appena accennate contro il rosso baluginare del grande camino acceso alle loro spalle. Rifiutata la zuppa di verdura calda che gli veniva offerta, salì subito nella sua stanza che si dimostrò assai meno inospitale di quel che aveva immaginato. Era dominata da un alto letto, dai materassi rigonfi, coperto dalla immancabile trapunta bianca lavorata all’uncinetto. Il grande armadio di stile contadino era di uno scuro legno massiccio e s’imponeva come una presenza ospitale e benigna. In un angolo, dietro un paravento a fiorami, il lavandino azzurro con una grande specchiera e, appoggiata al muro, una cassettiera intarsiata dal ripiano di marmo grigio sul quale stavano allineati, in una mortuaria sfilata, foto sbiadite dal tempo e racchiuse in cornici nere. Si portò accanto al letto, con una certa fatica, una pesante sedia ricavata da vecchie assi di legno duro, accuratamente lisciate e rifinite, e vi appoggiò il suo bagaglio.

Un tepore appena avvertibile proveniva dal tubo zincato della stufa, che saliva diritto dalla cucina attraverso un foro nel pavimento e poi, costeggiando gli angoli dei muri, si infilava nella stanza contigua: decise, quindi, di togliersi il pesante giaccone e i guanti. Dalla valigia estrasse i due panini che aveva comperato, partendo, alla stazione, e li mangiò lentamente, affondando i denti nella mollica gommosa. Aveva con sé anche una lattina di birra, anch’essa acquistata prima della partenza, e l’aprì, strappandone con un colpo secco la linguetta di metallo, quasi per brindare al suo destino. Perché, nonostante il viaggio sui vagoni affollati, il freddo che lo aveva colto allo sbarco, gli evidenti disagi della pensioncina, ben diversa dai soliti alberghi affollati e cerimoniosi nei quali era solito scendere, si sentiva nell’animo una strana quiete, che il silenzio quasi assurdo dell’isola carezzava ed esaltava.

E quando, aprendo gli scuri di legno verde, spinse il capo fuori dalla stretta finestra e vide una luna quasi piena, uscita da un banco di nubi, illuminare la possente torre degli Altinati e gli edifici sacri aggruppati a poca distanza, al di là del canale luccicante; quando girò lo sguardo sulle poche case lontane, dove fioche luci filtravano dai vetri appannati, e sulle piatte distese che, nella notte, gli apparivano d’un verde cupo di muschio, rotte dall’acqua di altri canali, un empito di contentezza gli fece palpitare il cuore, come quando ci appare da lontano, diretta verso di noi, la sagoma della persona che amiamo e alla quale non vogliamo rinunciare.

<<Sono arrivato>>, furono le parole che gli vennero alla mente. E che, al di là del loro diretto e banale significato, assumevano per lui lo stesso peso di quelle dei navigatori che mettono piede sulla terra da tanto sognata.

 

Prefazione

Introduzione

Parte prima

1

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3

4

5

6

7

8

9

10

11

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13

14

15

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Parte seconda

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11

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13

Epilogo

Indice Ultimo degli Altinati

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