Capitolo 6
Parte Prima
Con un leggero sciacquìo la vecchia barca si profilò dietro lansa del canale. Un uomo in piedi, intabarrato, che teneva calcato in testa un vecchio cappello dalle tese spiegazzate, remava con secchi colpi ritmici. I due remi, appoggiati su alti scalmi di legno, sfioravano sincroni lacqua e luomo si curvava lentamente in avanti, facendo cadere il peso del corpo sui manici levigati che si incrociavano insieme alle braccia. La barca avanzava sfiorando lacqua e gli passò davanti senza che il rematore volgesse gli occhi verso di lui, il volto teso in avanti, il profilo severo tra gli intrichi delle rughe, fino a quando scomparve di nuovo tra le alte canne agitate.
Quella presenza umana, dai gesti antichi, uscita e sparita nella spianata deserta, sembrava parte dun mondo sotterraneo. Non la barca di Caronte, sulla quale aveva fantasticato negli anni in cui la morte gli pareva un vortice mostruoso, pronto a inghiottirlo, ma il simulacro di una vicenda che il tempo aveva coperta di oblìo ma non cancellato. La stessa sensazione, resa anzi più acuta dai fatti che seguirono, la ebbe quando, tornato stanchissimo dal suo peregrinare sugli argini e tra i brevi campicelli coltivati, trovò in cucina il marito della pensionante.
Lo avevano colpito, le scarse volte che si era imbattuto in lui, i grandi occhi acquosi, sfuggenti. Occhi da ubriaco, forse un po ironici come le amare pieghe che luomo aveva agli angoli della bocca sottile. Questa volta lo fermò in cucina e gli bisbigliò, con voce scontrosa: <<Abbiamo visto che lei gira lisola a palmo a palmo. Forse è uno di quegli studiosi che vengono qui ogni tanto per scoprire qualcosa di nuovo>>. E, senza attendere una risposta, aggiunse: <<Se vuole andare, più tardi, dal custode dei templi, che è mio amico, la farà salire sulle impalcature della chiesa perché possa vedere meglio le parti in restauro. E questa sera io e qualche mio amico possiamo farle ammirare, se vuole, qualcosa che abbiamo tirato fuori dalla terra >>.
Avrebbe voluto respingere linvito, affranto comera, e salire nella sua stanza evitando il pasto per rimanere solo nel calore delle coperte. Ma luomo, che gli si era presentato come Pietro Bono, lo guardava adesso con aria decisa, e linvito pareva un ordine al quale non era possibile sottrarsi. Bernardo annuì, mentre la moglie, che aveva rapidamente preparato la tavola, gli scodellava la minestra. Pietro rimase silenzioso per tutta la durata del pasto, seduto accanto al caminetto spento. Poi, ammiccando, si alzò per uscire e con una voce più forte, che echeggiò improvvisa nella cucina, disse: <<La chiamerò io>>.
La stanchezza si placò quando Bernardo fu solo nella sua camera. Rimanendo infagottato nel giaccone, senza nemmeno togliersi gli stivali, si sdraiò sullalto letto. Guardava i volti sconosciuti delle fotografie allineate sul marmo della cassettiera e insensibilmente sprofondò in un sonno nero, cupo. La morsa del gelo gli stava attanagliando il corpo, e gli pareva di essere avvolto, come in una nuvola, dal suo stesso fiato rappreso. Ma un altro fiato, caldo questo, gli soffiava sul volto dalle bocche spalancate di animali accovacciati sul letto, al suo fianco. In prima fila era un leone dallocchio bonario, stretto contro una tigre-pantera ricoperta di piccole macchie nere. Altri animali, di cui non conosceva la razza, avevano orecchie a punta e becchi aguzzi. Uno, forse un tapiro, con il pelo lungo e soffice, pareva emanare una fiamma ferma e pallida. Ma, a guardarla bene, gli sembrò piuttosto un braccio umano rimasto conficcato tra i denti solidi delle fauci digrignanti. Aprì gli occhi, sconvolto, e vide che il sole, al di là dei vetri, stava calando. Una voce lo stava chiamando dal basso: <<Scenda, signor Bernardo>>.
Tremava di freddo, quando arrivò in cucina, e si fermò a lungo davanti alla fiamma del caminetto che era stato acceso. Riprendeva a poco a poco coscienza di se stesso, tutto ritornava nei limiti del reale. Seguì, allora, il padrone della locanda, che lo accompagnò dal guardiano della chiesa, un uomo con i baffi e un colbacco calcato sulla testa. Lo aveva già visto il giorno prima, mentre con occhio vigile e sospettoso seguiva il va e vieni dei visitatori. Questa volta gli sorrise e gli tese la mano, presentandosi: <<Giovanni Polani>>. Poi, con voce bassa, quasi non volesse farsi ascoltare da altri ma la piazzetta era ormai deserta, e le sagome degli ultimi turisti si profilavano nere al di là dellarcata del ponte del diavolo lo incitò: <<Presto, entri. Dietro il portone cè una scala, la usi per salire sulle impalcature>>. Lo accompagnò, anzi, e lo aiutò a spostare la scala, che era molto pesante. Insieme la appoggiarono agli alti tavolati orizzontali e Bernardo salì a fatica gli alti pioli mentre il guardiano, con un sol colpo, spostò la tenda di plastica che nascondeva un vasto mosaico.
Bernardo si trovò con gli occhi allaltezza di un volto sacro che già conosceva perché era quello del dio che aveva visto in sogno, severo e corrucciato. Poco più sopra il Cristo crocifisso, dalle braccia magre e lunghissime, chinava il capo in atteggiamento placido e distaccato, come se chiodi e ferite non lo riguardassero. Se abbassava lo sguardo verso terra un viluppo di pallidi corpi, dangeli e di mostri, sorgeva dalle tombe spalancate del giudizio universale e saliva inesorabilmente verso di lui. Erano immagini palpitanti, così intense che, come gli era accaduto quando aveva messo piede sullisola, ebbe vivida la sensazione di partecipare a unazione già vissuta. Nel suo ricordo cerano le pareti scabre e irregolari della cattedrale appena costruita. Ma ecco che uomini in tuniche corte e grembiuli di lucida pelle inserivano tessere colorate nellintonaco ancora fluido e i piccoli quadrati lucenti davano vita, con prodigiosa rapidità, alle scene che adesso gli stavano davanti. E luomo barbuto che li guidava aveva le sue stesse fattezze.
Ondeggiava, stupefatto, in cima alle assi malsicure, tanto che dal basso i due uomini, il suo ospite e il guardiano, lo chiamarono ad alta voce. Lavevano visto incerto, trasognato, sullorlo dellabisso. Quando, ridestato dalle grida, Bernardo chinò gli occhi, vide con terrore il pavimento ineguale della chiesa che pareva roteare e attirarlo giù, verso le pietre tombali dai contorni imprecisi. Tornò in sé con uno sforzo, e cercò di riemergere dal sopore in cui lentamente scivolava. Con gesti impacciati si aggrappò ai due lati della scala e cominciò a scendere, tremando. Si rendeva conto che solo il grido dei due uomini, il suo nome echeggiante sotto lalto soffitto di travi incrociate, lo aveva salvato da una caduta mortale.
<<E splendido>>, disse ai due che gli tendevano le braccia, cercando di nascondere la violenta emozione. <<Un vero capolavoro>>. Gli pareva che Pietro e Giovanni, i cui volti erano circondati come da una aureola di fiato rappreso, fossero fratelli degli uomini che avevano compiuto il miracolo del mosaico, e sentiva quasi il bisogno di congratularsi con loro. Ma essi non mostravano soddisfazione, solo paura per lo scampato pericolo. <<Se fosse caduto>> mormorò il custode con tono di rancore <<la colpa sarebbe stata mia. Doveva dirmi che soffriva le vertigini>>. Li invitò allora al bar, che in quella stagione era aperto solo per poche ore, a bere qualcosa. La donna che stava sulla soglia, davanti alla quale era stato eretto un basso muretto in cemento per evitare i pericoli delle maree che spingevano lacqua fuori dagli argini del canale, aveva grossi stivali e, sul capo, uno scialle nero da contadina. Versò la grappa in bicchieri di vetro spesso, da un bottiglione che teneva sotto il banco. Alzarono i bicchieri in un brindisi muto e complice. Tutto era tornato tranquillo. <<A stasera>> disse soltanto Giovanni Polani. <<Vi attendo a casa mia>>.
Bernardo tornò alla pensione con uno strano senso di euforia, insieme a Pietro Bono. <<E un posto strano, questo>> gli venne di dire. Ma luomo scosse il capo, quasi negando: <<Qui in laguna è diverso. Bisogna abituarsi>>. Sulla porta si voltarono a guardare lorizzonte. Le luci pallide di Burano si vedevano a stento, come invischiate nella foschia. Sul davanzale della finestra i gatti li fissavano con i loro occhi gialli nei quali quelle lampade lontane parevano riflettersi.
Prefazione |
Introduzione |
Parte prima |
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
11 |
12 |
13 |
14 |
15 |
16 |
17 |
Parte seconda |
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
11 |
12 |
13 |
Epilogo |