Capitolo 9

Parte Prima

 

 

 

 

 

 

A notte inoltrata Bernardo uscì dalla casa con Pietro. Avevano in corpo l’allegria del vino e i loro passi erano incerti. Procedevano barcollando, come in una danza, e due o tre volte intonarono un canto, smorzandolo poi in risate irrefrenabili. Bernardo si fermò ad orinare sul margine di un canale e gridò, a Pietro che lo aspettava: <<Bella, la moglie del tuo amico>>. <<Non sei il solo a pensarlo>> rispose l’altro, con un tono pieno di sottintesi. Aprirono la porta della pensione con aria complice da congiurati e salirono a fatica la scala che portava al primo piano. Bernardo entrò nella sua camera e non ebbe neppure la forza di spogliarsi. Cadde addormentato di colpo sul grande letto frusciante: ogni tanto, nel sonno, gli giungeva il pesante russare dell’oste, dall’altro capo del corridoio.

Improvvisamente, non sapeva neppure quanto tempo fosse trascorso, il freddo della stanza lo costrinse ad aprire gli occhi. Sentiva la bocca acida per il vino bevuto, respirava a fatica. Si alzò a stento, sbattendo i denti. L’euforia della serata, il misterioso ricordo delle immagini rimaste impresse nella sua mente, si erano trasformati in una paralisi del corpo e del pensiero. Avrebbe voluto infilarsi sotto le pesanti coperte, ma il tremito gli impediva di togliersi le scarpe. Provò ad agitare le braccia, a saltellare, ma si sentiva irrigidito. Si trascinò davanti allo specchio e fissò con orrore il volto cadaverico che affiorava dalla lastra resa opaca dal tempo. Riuscì faticosamente a uscire dalla stanza, scese al piano terreno, nella cucina buia, dove la cenere del caminetto era ancora tiepida. Con un foglio di carta e qualche ramo secco scatenò una vampata, stese le mani intirizzite e attese che il calore sciogliesse il gelo che lo paralizzava.

Alla luce rossastra guardò l’orologio: erano le tre, aveva dormito pochissimo e l’alba era ancora lontana. Trascinò una sedia accanto al camino e rimase lì, curvato in avanti per assorbire nel corpo ogni ondata di calore. Aggiunse legna e, a poco a poco, il gelido fiato della morte — perché era quello che aveva avvertito con terrore, e dal quale era fuggito lasciando la sua camera — si allontanò da lui, scacciato dal sempre più rigoglioso crescere della fiamma. Anche il suo pensiero, tenuto a freno da ceppi di ghiaccio, si scioglieva e ora gli pareva proiettato nello spazio. Le molle del letto, che cigolarono al piano superiore, erano un’arpa le cui corde, mosse forse da corpi abbracciati, rendevano soave l’ora profonda della notte. Pensò ad Amabile Polani, la sua nera bellezza nel nero della notte, tra canali gonfi d’acqua e cani ammutoliti al suo passaggio. All’ambiguo sorriso con cui li aveva salutati, chinando il capo con dignità quasi regale. Un’altra donna, forse, trascorreva nel buio, chinandosi dai ponti, l’abito sottile di colore azzurro teso sui seni, nel vento che le scompigliava la cappa marrone. Fosca, santa e strega, aveva aperto il suo malsicuro feretro, e tornava a fiutare il vento dell’isola nella quale il suo corpo s’era disfatto. Metteva un piede dopo l’altro in quella terra molle in cui, tra le litanie delle sorelle in Cristo, i fedeli avevano scavato la sua ultima dimora.

Le oscure presenze femminili consolarono l’uomo impietrito davanti al bagliore amico del fuoco. Quando risalì per dormire l’alba gelida si affacciava dalla lontana terraferma, luce che fugava i fantasmi e invitava al sonno. Prima di chiudere gli occhi si alzò per prendere il telegramma dalla tasca della sua giacca e lo posò sul comodino.

Prefazione

Introduzione

Parte prima

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3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

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17

Parte seconda

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13

Epilogo

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